Project Management e cambiamento in azienda

Un aspetto su cui di recente rifletto durante le mie corse è come un buon approccio ai progetti possa essere determinante per la gestione del cambiamento in azienda.

Le riflessioni muovono dalla ricerca di soluzioni operative per  un progetto di riorganizzazione che mi vede coinvolto in prima persona in un’azienda in forte crescita e cambiamento e mi spingono a chiedermi quali possano essere le virtù migliori per i project manager di quella stessa azienda. Noto come i ritmi sostenuti dalle persone con cui ho a che fare sono molto elevati, è gente che sta “correndo” una competizione importante, il ritmo delle corsa è elevato e sono sotto pressione. Certe volte queste persone mi ricordano un motore che funziona a pieni giri con inserita la marcia più alta. Stanno andando veramente forte, ma fino a quando?

Questo caso è emblematico della situazione che si vive in tante aziende che mi capita di incontrare in questi tempi di cambiamento; la situazione è tale da creare pressione continua e richiedere lo sviluppo di maggiori virtù di resistenza alla fatica psicofisica, ma quali appunto?

Prendendo spunto dalla corsa lunga di resistenza, sicuramente la prima che viene in mente è la pazienza: non si può pensare di ottenere tutto subito, o procedere a strappi, occorre saper gestire lo sforzo, predisporre una tabella di marcia realisticamente sostenibile e cercare di mantenerla, nonostante si sia circondati di sollecitazioni ad accelerare. Si comincia con il poco, le piccole cose, sforzandosi di programmarle adeguatamente. Poi con un esercizio quotidiano e costante si impara a tenere il passo giusto, a dire di no, a non essere trascinati e ‘schiacciati’ dai progetti.

Un’altra virtù è certamente  la tenacia: è un po’ il duale della virtù precedente, nel senso che quando la fatica assale e si è tentati di lasciare andare il progetto alla deriva, si devono invece raccogliere le forze, cercare di recuperare lucidità e fare lo sforzo di mantenere il ritmo e il programma prefissato, nonostante tutto. Piuttosto, se si era sbagliato il programma e si erano sopravvalutate le proprie forze, occorre ripianificare in maniera attenta, ragionando accuratamente su come fare fronte ai vincoli di progetto durante tutto l’orizzonte temporale rimanente e non limitandosi semplicemente a procrastinare le attività.

Questo aspetto introduce alla terza virtù che mi pare essenziale, ovvero la capacità di programmare guardando oltre l’orizzonte temporale noto: i progetti complessi hanno orizzonti temporali lunghi e molto spesso si tende a trascurare gli impatti nel lungo periodo e a stimarli in maniera molto approssimativa. questo è un errore che alla distanza si paga, esattamente come una errata valutazione della propria resistenza fisica, porta a non concludere uno sforzo fisico prolungato.

Le virtù elencate possono sembrare delle ovvietà agli occhi di chi si occupa di progetti, anche se a mio avviso meritano una sottolineatura importante, perché se è vero che in linea di principio siamo tutti d’accordo, è sulla concreta attuazione alla quotidianità che dette virtù vengono troppo spesso dimenticate. Richiedono esercizio e pratica, ma come esercitarsi? E qui lo sport di resistenza può passare da spunto di riflessione a palestra per l’esercizio delle summenzionate virtù, provare per credere.

Per chi fosse interessato, anche di questo tema tratterò nel mio webinar su Project Management e cambiamento in azienda del 31 marzo (live alle ore 16.00 ) sul portale di Microsoft Aula PMI, che potete raggiungere cliccando su questo link.

La maratona è un arte che sfida il fallimento

L’idea mi è venuta leggendo un articolo con lo stesso titolo. Era da circa un anno che avevo rispolverato il mio vecchio sogno di gioventù di riuscire a correre la maratona di New York. Ed era da  un po’ di mesi che mi ero messo ad allenarmi seriamente, ormai avevo macinato quasi mille chilometri, cominciavo ad essere in forma, il peggio della rimozione della ruggine fisica era alle spalle, ma il traguardo era ancora molto lontano.

Non so come sono capitato a leggere quell’articolo di Mauro Covacich sul Corriere della Sera, ma è stata un’illuminazione perché mi sono reso conto all’improvviso e per la prima volta che quell’attività sportiva, iniziata per una sfida con me stesso, era in realtà un’arte marziale che mi stava cambiando la vita e anche il modo di affrontare l’attività professionale di project manager.

Mi sono sentito ‘nudo’ davanti a quell’articolo e mi sono messo a riflettere sulle analogie tra la buona gestione dei progetti e la preparazione per correre una maratona. Ho scoperto che quello che in principio mi sembrava solo uno sfizio sportivo poteva diventare il banco per mettere alla prova e sperimentare concretamente i metodi di project management e anche una potente metafora per farli comprendere agli altri nella mia attività di formatore e consulente.

Il successo nei progetti, come nella maratona, ha radici lontane dal traguardo, se sbagli a impostare la strategia non hai scampo; la conduzione dei progetti, come la preparazione della maratona, è sempre una storia di sfida continua al fallimento, di correzioni, di faticoso superamento delle difficoltà quando la sconfitta sembra ineluttabile, di ricerca continua di lucidità nella lettura delle varie circostanze, per non farsi offuscare la mente e l’anima dalla fatica e non scivolare oltre la sottile linea rossa della resa alle avversità.

Ho quindi deciso di tradurre questi concetti in un corso di formazione e di creare questo blog per condividere le mie riflessioni con amici e colleghi (correndo per diverse ore, ho molto tempo per riflettere!). Buona lettura.

Leggi l’articolo del Corriere